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Un anno mezzo addietro, per la precisione il 6 febbraio 2010, alla presenza di una folta rappresentanza di addetti ai lavori, il Consiglio provinciale organizzò una importantissima riunione con gli stati generali dell’agricoltura per trovare delle soluzioni alla gravissima crisi che stava e sta vivendo questo nevralgico comparto dell’economia siciliana. Iniziativa nobile fu definita, anche perché il nostro territorio è a forte vocazione agricola e il Consiglio provinciale intendeva così porre le basi per salvare il mondo agricolo da una crisi infinita. Tuttavia, a distanza di tanto tempo, non mi giungono segnali evidenti di una presa di coscienza a livello regionale del grave stato di difficoltà in cui versano le aziende agricole del territorio, alle prese anche con serie problematiche legate all’accesso al credito. A livello provinciale, tuttavia, possiamo fare di più, superando anche la logica della lagnanza verso un governo regionale che non trova le risposte adeguate.
L’agricoltura siracusana da alcuni anni attraversa una crisi profonda, strutturale e diffusa. Il comparto agroindustriale fa notizia solo in casi di rialzi ingiustificati dei prezzi, scioperi degli agricoltori o scandali legati ai suoi prodotti, come di recente quello sulle infiltrazioni mafiose nella filiera del pomodorino. Certo è che al calo dei prezzi alla produzione corrisponde un’esplosione del prezzo alla tavola. Chi acquista un chilogrammo di pomodoro in media paga un prezzo del 200-400% in più rispetto al prezzo pagato all’agricoltore. La politica, anche a livello locale, è chiamata a salvaguardare la produzione di beni agroalimentare e il territorio rurale che li produce. Questi obiettivi non si raggiungono semplicemente attraverso l’organizzazione di convegni o la partecipazione a importanti appuntamenti fieristici internazionali. Abbiamo anche altre opportunità.
In questa direzione, le nuove normative costituzionali consentono agli enti locali di intervenire in agricoltura attraverso l’autocertificazione e i marchi di qualità che dicano dove, chi come e quale prezzo si produce, peraltro venendo incontro alla richiesta che progressivamente caratterizza il mercato, ovvero quella di prodotti di qualità. Gli enti locali, e quindi anche le Province, hanno l’opportunità di aggredire il ruolo preponderante della Grande Distribuzione attraverso i mercati diretti, i mercati a chilometro zero, i farmer market, i mercati contadini, tutte esperienze realizzate a centinaia in Italia e che non si comprende per quale ragione non debbano essere realizzate da una Provincia che, almeno a parole, si fa alfiere della lotta alla concentrazione di grandi strutture commerciali nel nostro territorio. Essere consequenziali significa, nei settori della vita associata più colpiti, utilizzare gli strumenti per sostenere il territorio, tagliando le intermediazioni inutili con la filiera corta e la vendita diretta. Si può anche sostenere nel nostro territorio la nascita di Gruppi di Acquisto Solidale (ne esistono già seicento nelle regioni italiane), attraverso i quali consumatori attivi per scelta etica si organizzano acquistando con criteri colonici e di equità sociale da produttori locali (abbiamo sostenuto i Cenaco, sarebbe una logica conseguenza sostenere i Gas). E’ sempre più urgente un progetto per l’agricoltura che ci veda non semplicemente arena di un dibattito capace di coinvolgere tutti i soggetti sofferenti della nostra realtà provinciale, ma capaci di sviluppare semplificazione amministrativa, sostegno ai costi di produzioni, vantaggi alla produzione locale, efficienza dei mercati e innovazione.
Michele Mangiafico
Presidente del Consiglio provinciale
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