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12-03-2013

FONDI EUROPEI: ESPOSTO DI BONO ALLA MAGISTRATURA
LE REGIONI E LA BUROCRAZIA RESPONSABILI DEL BUCO NERO.



Il Presidente Nicola Bono
e l'avvocato Aldo Ganci.

La conseguenza di ciò, è stato il ricorso a periodiche rimodulazioni nell’utilizzo dei fondi, che nel frattempo subivano parziali ma incisivi storni per restituzioni coattive a Bruxelles, quali sanzioni al loro mancato utilizzo. Ma anche i fondi non restituiti, sono comunque andati sprecati in quanto utilizzati per il finanziamento dei cosiddetti “Progetti di sponda”, e cioè di interventi già cantierati grazie ad altre fonti di finanziamento e pertanto, del tutto inidonei a produrre gli auspicati benefici in termini di nuovo sviluppo e aumento dell’occupazione, in quanto in alcun modo collegati ad una visione programmatica legata alla filosofia dei fondi strutturali. E’ così che si sono dissolti senza alcun concreto effetto 2 miliardi di euro originariamente stanziati nell’ambito della innovativa strategia del POIN-PAIN Cultura e Turismo, che per la prima volta l’Unione Europea aveva concesso all’Italia, con il preciso obiettivo di puntare all’ammodernamento, ristrutturazione e rilancio del sistema turistico e culturale del Sud Italia, attraverso la realizzazione di infrastrutture e servizi capaci di determinare l’auspicato salto di qualità in termini di crescita dei livelli di competitività. E allo stesso modo, si è registrata la netta decurtazione delle dotazione PO FERS 2007-2013, cannibalizzata e stravolta, esattamente come il POIN Cultura e Turismo, con la modifica delle destinazioni di utilizzo delle risorse in direzioni del tutto estranee alle logiche programmatiche ipotizzate nella filosofia di intervento UE. Le decurtazioni dei vari programmi sono state determinate unicamente dalle “Criticità attuative”, e cioè dall’incapacità dei responsabili di produrre politiche efficaci di utilizzo delle risorse disponibili, ed anche l’adesione al PAC (Piano di Azione e Coesione) appare una resa delle Regioni, per la dimostrata incapacità di spendere, piuttosto che un corretto utilizzo delle risorse. Siamo davanti ad una strategia che assomiglia sempre di più ad una corsa contro il tempo per minimizzare ed occultare, nei confronti della comunità nazionale e dell’Unione Europea, l’ennesima débacle dei soliti “responsabili”, piuttosto che un’azione realmente capace di realizzare il riequilibrio territoriale che dovrebbe costituire invece l’obiettivo fondamentale da perseguire tramite i fondi strutturali. A causa della mancanza di progettualità si è scelto di usare le risorse europee come un bancomat, indirizzandole a interventi del tutto estranei alle loro finalità originarie, come nel caso dei restauri del patrimonio culturale o gli interventi per l’assistenza ad anziani non autosufficienti, invece di sostenere precise iniziative strategiche, in grado di potenziare il nostro sistema produttivo, con particolare riferimento al comparto turistico-culturale, creando le condizioni per canalizzare investimenti capaci di realizzare decine di migliaia di posti di lavoro stabili e duraturi. Ma l’aspetto più scandaloso della questione non è l’ennesimo fallimento, bensì che ancora una volta nessuno paghi per questo disastro che ha tolto il futuro e la speranza ai giovani e agli italiani del Sud. Per queste ragioni a fronte di politici, ma soprattutto di burocrati profumatamente pagati da decenni per dirigere inutili strutture caratterizzate da un cronico encefalogramma piatto nei confronti dell’individuazione di qualsivoglia strategia di sviluppo, ho presentato, nei giorni scorsi, un esposto alla Procura della Repubblica preso il Tribunale di Roma, alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma e alla Procura Generale presso la Corte dei Conti di Roma, per accertare a carico di chi siano le responsabilità del cronico fallimento del corretto utilizzo dei fondi europei, affinché i colpevoli di questa tragica condanna al sottosviluppo economico della nostra Terra finalmente ne rispondano alla Giustizia, non solo per avere la giusta punizione, ma soprattutto per evitare che in futuro possa ripetersi il medesimo scempio che ha determinato nei confronti di intere popolazioni la condanna alla precarietà sociale e la negazione di un futuro dignitoso, basato sul diritto al lavoro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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