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LE CITTA’ DEL BAROCCO |
Dopo il disastroso sisma del 9 e 11 gennaio 1693 una cinquantina di città della Val di Noto erano rase al suolo. Fu dalla rinascita di questi centri, duramente colpiti dal terremoto, che prese forma l’”anarchia equilibrata” del barocco. Una spinta sicuramente creativa da parte di valenti architetti ma anche di ottime maestranze, che però fu incanalata dall’esigenza ormai chiara a vescovi e baroni, di avviare una modernizzazione del tessuto e dell’aspetto urbano. E piuttosto che riparare i danni del terremoto, si preferì ricostruite su canoni estetici e modelli che meglio rispondevano alle esigenze di grandezza e rappresentatività del potere. Un processo in qualche modo libero dal controllo del potere centrale, che ebbe modo anche di trasgredire nel grottesco, nelle mensole intagliate, nei volti di uomini ed animali che spuntarono sui palazzi barocchi di Siracusa, Palazzolo o Noto. E di essere esuberante, alla ricerca dell’effimero. Ed ecco che da questo sentimento, nel percorso ideale del barocco della provincia di Siracusa, nascono le facciate del Duomo di Siracusa, punto focale nella piazza di Ortigia che porta il suo nome, equilibrio perfetto tra potere secolare, rappresentato dal vermexiano palazzo Vermexio, e l’imponente mole dell’Arcivescovado. Ed il percorso del Cassero di Noto, con le visioni del “giardino di pietra” nelle facciate di San Francesco, San Domenico, Santa Chiara e Montevergini. Del grande spirito di libertà e di equilibrio insieme ci sono importanti testimonianze anche nella zona montana, con l’Annunziata e San Sebastiano a Palazzolo; le facciate di Sant’Antonio e San Giacomo a Buscemi; Santa Maria Maddalena e Sant’Antonio a Buccheri; San Sebastiano e Sant’Antonio a Ferla; la Collegiata e Santa Sofia a Sortino; San Sebastiano a Melilli; la Santissima Annunziata e Sant’Antonio ad Avola. Un’unità di stile che porta il Centro internazionale di Studi sul Barocco a proporre di chiamare tutta la zona “valle del Barocco”. |
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