Palazzo Valentini sede della Provincia Regionale di Roma
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Solo ieri il Senato aveva dato il via libera all’articolo 28 delle riforme costituzionali, che sopprime dall’articolo 114 della Carta l’indicazione delle Province come parte dell’articolazione territoriale della Repubblica. Cioè: un ramo del Parlamento, il Senato, cancella dalla Costituzione la parola «Province», l’altro ramo, la Camera, invece, prevede le nuove elezioni nell’ente con oneri contributivi e permessi retribuiti per i consiglieri. Non è tutto. A settembre l’esecutivo emanerà un provvedimento per specificare le competenze amministrative che lo Stato dovrà trasferire alle Province, che otterranno anche alcune funzioni delle Regioni.
Vi diciamo cosa è successo. Il 31 luglio la Camera ha approvato nella prima Commissione le modifiche al decreto legge numero 90, quello che prevede «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari». Il 5 agosto è arrivato il via libera del Senato. Tutto ruota intorno all’articolo 23, che si occupa di «interventi urgenti in materia di riforma delle Province e delle Città metropolitane». Il testo prevede che le elezioni per presidenti e consiglieri provinciali si svolgeranno il 12 ottobre (e non il 28 settembre come era previsto). Ovviamente si tratta di consultazioni di secondo livello, cioè a votare non saranno i cittadini ma tutti i sindaci e i consiglieri dei comuni che compongono le Province commissariate o in scadenza. La convocazione dei comizi elettorali sarà il 2 settembre. La durata in carica del consiglio metropolitano sarà di 5 anni, salvo rinnovo del consiglio del comune capoluogo, quella del presidente di Provincia di 4 anni mentre del consiglio provinciale di 2 anni.
Il provvedimento approvato da Palazzo Madama ha anche stabilito che «gli oneri contributivi, i permessi retribuiti, i rimborsi spese per la partecipazione alle riunioni degli organi provinciali, nonché delle associazioni di rappresentanza, per gli incarichi di presidente di Provincia, di Consigliere provinciale e di componente dell’assemblea dei sindaci sono a carico della Provincia».
E' stato, inoltre, cancellato il comma 14 della legge 56/14, che imponeva alle Province che andranno al voto in autunno la gestione ordinaria. L’Upi ha ottenuto il cambio della norma, che dunque, ha spiegato la stessa Unione delle Province italiane, eviterà «di compromettere per i prossimi sei mesi la gestione degli enti, bloccando di fatto qualunque investimento, pur a bilanci approvati».
Le Province potranno anche assumere altri dipendenti. All’articolo 11, infatti, si prevede per gli enti locali la possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile.
Un ripensamento dell'ultim'ora ?
Il prossimo autunno si voterà in otto delle dieci città metropolitane (Roma Capitale, Napoli, Bologna, Genova, Milano, Torino, Bari e Firenze, non a Reggio Calabria e a Venezia). In questi casi, il sindaco del capoluogo di Regione è automaticamente presidente dell’ente. Poi ci saranno le elezioni nella maggior parte delle Province, tra cui Chieti, Pescara, Teramo in Abruzzo, Isernia in Molise, Frosinone, Latina e Rieti nel Lazio, Avellino, Benevento, Salerno in Campania, Matera e Potenza in Basilicata, Perugia e Terni in Umbria, Catanzaro, Cosenza, Crotone e Vibo Valentia in Calabria, La Spezia e Savona in Liguria, Brescia, Bergamo, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Pavia, Sondrio e Varese in Lombardia. |